LO STUDIO

Costruzioni, quale futuro? Gli scenari per un’industria strategica ma poco propensa all’innovazione

Su iniziativa di Ance Friuli-Venezia Giulia e Area Science Park è stato fatto il primo studio in Italia sui futuri dell’edilizia basato sui metodi del foresight tecnologico. Con Fabio Millevoi vediamo come potrebbe essere il settore delle costruzioni nel 2040 tra sostenibilità, digitalizzazione e bomba demografica

Pubblicato il 18 Mag 2023

Tra scenari futuri fatti di sostenibilità, digitalizzazione ma anche demografia, c’è chi si interroga sul comparto edilizio nel 2040. Le città saranno emblemi della sostenibilità o luoghi per sopravvivere? E quali saranno le competenze che gli imprenditori edili dovranno avere per gestire modelli di business basati sui dati e generare, allo stesso tempo, sostenibilità? Sono questi alcuni dei temi trattatati nel report “Edilizia 2040, quale futuro?” in cui vengono raccontati i risultati di LICoF, il Laboratorio dell’immaginazione sulle costruzioni future.

Avviato a novembre 2020 su iniziativa di Ance Fvg, l’Associazione dei costruttori edili del Friuli-Venezia Giulia, e di Area Science Park nell’ambito delle attività del digital innovation hub IP4FVG, il Laboratorio LICoF ha coinvolto il sistema della ricerca, dell’innovazione e il mondo produttivo in un percorso di studio e analisi finalizzato a immaginare gli scenari futuri della filiera edile. La metodologia applicata s’ispira al foresight tecnologico, uno strumento che permette di individuare le tecnologie emergenti in base alle tendenze e all’analisi dei contesti, identificandone il potenziale impatto sulla società, l’economia e l’ambiente.

Il futuro dell’edilizia, il primo studio in Italia

A parlarcene è Fabio Millevoi, direttore dell’Ance regionale e futurist, docente a contratto in “Futures studies e sistemi anticipanti” all’Università di Trieste. “Non sono un futurista nel senso artistico – premette subito sorridendo – ma uno studioso di sociologia che si interroga sui possibili futuri del nostro Paese. Al nostro primo contributo sui futuri delle costruzioni al 2040, durato circa dodici mesi, hanno contribuito 30 professionisti tra imprenditori edili, architetti, giuristi, scienziati, manager del settore culturale e creativi attivi su tutto il territorio nazionale. Si tratta del primo studio realizzato in Italia applicando i metodi della previsione sociale e dei sistemi anticipanti al settore delle costruzioni, per analizzare gli impatti della digital age sui possibili modelli di business”.

Fabio Millevoi, direttore dell’Ance Friuli-Venezia Giulia e docente in Futures Studies

Edilizia, i futuri possibili: quattro scenari

Millevoi sa essere concreto anche quando parla di scenari. “Bisogna esplorare i futuri possibili, e noi parliamo sempre di futuri al plurale, per anticipare il cambiamento e sviluppare strategie-azioni coerenti. Pensiamo a un’auto che per andare più veloce ha bisogno di fari più potenti per guardare oltre. Noi, invece, percorriamo a folle velocità l’autostrada dei cambiamenti a luci spente”.

“Fra tutte le informazioni raccolte abbiamo individuato due forze di cui oggi non abbiamo certezza della loro direzione e che sono andate a costruite un sistema di rifermento cartesiano. L’asse delle ascisse rappresenta il modello di sviluppo, più o meno sostenibile, l’asse delle ordinate il modello di business, più o meno digitalizzato. Abbiamo così creato quattro scenari e individuato le quattro case simbolo”.

La casa bunker

Nel primo, la trasformazione dell’economia non si indirizzerà verso una maggiore sostenibilità e il settore delle costruzioni continuerà ad incontrare notevoli difficoltà a riconoscere i significativi guadagni di produttività che possono derivare dalle applicazioni della digitalizzazione. La casa bunker sarà la casa simbolo: una fortificazione per difendersi da una città disordinata e pericolosa.

La casa nido

Nel secondo, solo alcune imprese impiegheranno le nuove tecnologie a loro vantaggio e con scarsa attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale. Qui troveremo la casa nido, “vaccino” per contrastare la possibile pandemia sanitaria e sociale del 2040: l’inutilità di molti di noi.

Le case bicicletta

Nel terzo, l’attenzione verso il cambiamento climatico e demografico guideranno la pianificazione urbana verso una ripresa più verde e inclusiva. Vivremo nelle case bicicletta che, come le biciclette, non consumeranno, non inquineranno e metteranno in relazione le persone con l’ambiente.

La casa shuttle

Infine, nel quarto, modelli di business disruptive trasformeranno l’edilizia nel motore  dell’economia circolare e la nostra dimora sarà la casa shuttle, una casa con una sua vitalità e intelligenza.

Costruzioni 2040, le azioni per i futuri possibili

Al di là delle immaginifiche rappresentazioni, il lavoro ha individuato sette azioni per ogni singolo scenario.  Eccone alcune.

La costruzione industrializzata

Una prima azione – spiega Millevoi – è la “costruzione industrializzata”, la prefabbricazione, la modularità e i processi offsite, che ibridano la manifattura con l’edilizia e spostano la parte della catena del valore dal cantiere alla fabbrica. E quando il processo costruttivo avviene in fabbrica, i materiali possono essere gestiti con maggiore efficienza, con processi di assemblaggio più precisi e con un minor spreco di risorse.

La progettazione in Bim

Una seconda azione, collegata direttamente alla prima, è la progettazione in Bim (Building information modeling), strumento che dovrebbe avere nei prossimi anni sempre più diffusione sia per le prescrizioni di legge sia perché aiuta a ridurre i costi del ciclo di vita dell’edificio/infrastruttura, minimizza gli errori di progettazione, ottimizza la gestione dei progetti e supporta la progettazione sostenibile”.

L’edilizia circolare

Millevoi ovviamente non si ferma alla tecnologia che resta centrale nella sua analisi ma parla anche dell’importante azione legata all’edilizia circolare. “Un modello – continua – in cui gli edifici cominciano ad essere sempre più considerati banche di materiali, diffondendo a tutta la filiera le informazioni necessarie per conoscere e tracciare con precisione il quantitativo e la tipologia dei materiali utilizzati, pianificando anche i processi di razionalizzazione e recupero. Gli edifici andranno progettati con un preciso ciclo di vita legato al montaggio e allo smontaggio di tutte le componenti. Contestualmente si dovrà predisporre una normativa a supporto di questo scenario.

La decarbonizzazione dell’industria del cemento

Una quarta azione è quella della “decarbonizzazione dell’industria del cemento, in cui le aziende dovranno identificare i percorsi migliori attraverso processi operativi e innovazioni tecnologiche finalizzate a rivedere il modello di business declinato attorno alla sostenibilità.

In questa direzione va soprattutto l’utilizzo delle nuove tecnologie. Ad esempio, dell’intelligenza artificiale che suggerisce, in modo automatico, le scelte da implementare per ottimizzare la progettazione e la pianificazione dei cantieri per ottenere una riduzione dei costi, consumi energetici, idrici ed emissioni inquinanti ma anche per migliorare la sicurezza in cantiere”.

Millevoi, cita anche il lavoro dei ricercatori del Worcester Polytechnic Institute (Wpi), che hanno recentemente sviluppato un calcestruzzo autorigenerante che è quattro volte più durevole del calcestruzzo tradizionale utilizzando un enzima presente nei globuli rossi. Un altro progetto dell’Università di Cardiff ha utilizzato i batteri per rilevare le crepe nelle strutture in pietra e muratura e per ripararle. I batteri o gli additivi a base di enzimi miscelati nel calcestruzzo rimangono inattivi finché la superficie rimane intatta, ma si attivano se la superficie si screpola e l’umidità entra nella struttura. L’utilizzo di bio materiali contribuirebbe, altresì, a ridurre la dipendenza dalle materie prime. Infine, si incominciano anche a registrare i primi esperimenti di escavatori a guida autonoma.

Costruzioni, la resistenza a evolversi e la frammentazione

La ricerca individua anche alcuni aspetti critici del settore a cominciare dalla resistenza ad evolversi. “L’industria delle costruzioni – prosegue Millevoi – sembra essere intrappolata in strutture e tecniche convenzionali e disfunzionali. Questa mancanza di sincronizzazione in termini di visione con i committenti-clienti potrebbe alla fine portare a un futuro piuttosto oscuro”.

Un altro aspetto negativo è la frammentazione. Negli ultimi anni – come si evince dall’Osservatorio congiunturale di Ance – le realtà più piccole (con un addetto), hanno acquisito una maggior quota di mercato, passando dal 54,5% del 2008 al 61,6% del 2019. Di contro, si è ridotta la quota delle imprese nelle fasce 2-9 addetti e 10-49 addetti: rispettivamente, da 40,4% a 34,1% e da 4,9% a 4%.

La frammentazione produttiva si riflette anche nella suddivisione per forma giuridica, con una netta prevalenza della categoria “ditte individuali, liberi professionisti, lavoratori autonomi” (quasi il 60% del totale). Anche in termini di fatturato, risultano giri d’affari piuttosto contenuti: quasi il 90% delle imprese di costruzioni dichiara di avere un fatturato inferiore ai 500mila. Una fotografia che – sempre secondo la ricerca – rappresenta il principale ostacolo sul percorso della digitalizzazione del processo produttivo e, più in generale, verso l’innovazione. Un ritardo che non aiuta a migliorare la produttività del settore.

Quanto valgono costruzioni e immobiliare? Il 22% del PIL

Uno scenario, quelle appena descritto, che si scontra con una realtà comunque solida visto che in Italia il settore delle costruzioni rappresenta l’8% del Pil e dà lavoro a circa1,4 mln di persone ma, inserendo le attività ad esso collegate (comprese quelle immobiliari), arriva a rappresentare – seppur indirettamente – il 22% del Pil, attivando una filiera collegata a quasi il 90% dei settori economici, in grado di generare l’effetto propulsivo più elevato sull’economia tra tutti i comparti di attività industriale.

Sul settore pesa poi la bomba ad orologeria demografica. Basandosi esclusivamente sull’età della forza lavoro esistente e sugli attuali livelli di attrazione di nuovi entranti, si potrebbe assistere a un calo del 50% della forza lavoro disponibile entro un decennio. Uno scenario mai verificatosi e che va ad aggravare la già importante carenza di manodopera. A pesare sul settore anche l’invecchiamento del Paese.

La ricerca riprende i dati Istat e alcuni studi del sociologo Alessandro Rosina in cui si evidenzia come dal 2014 la popolazione italiana sia entrata in una fase di progressiva riduzione. Dall’inizio di questo decennio gli anziani (over 65) hanno definitivamente superato i giovani (under 25). Secondo le previsioni Eurostat, l’Italia sarà la prima nazione a portare l’età mediana della popolazione oltre i 50 anni e questo avrà anche effetti sull’edilizia con una domanda diversa e un’offerta da rimodulare.

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Davide Banfo

Giornalista e viaggiatore curioso. Dopo aver iniziato alla Gazzetta del Popolo, ho lavorato con incarichi diversi in alcune redazioni e in diversi settori di Repubblica: Torino, Bari, Roma, Milano e poi di nuovo a Roma.

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